“…È chiaro che nella lingua non si nomina quello che non c’è e chi non c’è; ma quando le donne finalmente ci sono, arrivate peraltro con immensa fatica, facendosi largo contro resistenze millenarie nei costumi e nelle leggi, tanto da doverne imporre la modifica, perché non dobbiamo usare il femminile? …È facile accorgersi, per chiunque, come nel nostro paese vi sia una plateale e diffusa irrisione nei confronti di chi proponga la correzione dell’uso del femminile rispetto al corrente e automatico maschile. La gran parte dei nostri interlocutori, preferibilmente donne, le bollano come questioni inutili, esagerate, ideologiche, perfino patetiche ed esasperate.
Ma non è così per il semplice fatto che la lingua è strumento di potere e i meccanismi di assegnazione e di accordo di genere giocano un ruolo culturale decisivo per una più adeguata rappresentazione pubblica del ruolo delle donne nella società…Nominare o non nominare le donne è una scelta culturale di renderle visibili o invisibili.”